lunedì 3 ottobre 2016

DISCHI DA ISOLA AFFOLLATA # 19: CRAZY HORSE (Crazy Horse)

CRAZY HORSE   Crazy Horse (1971)



Qualche settimana fa, assistendo allo spettacolo teatrale Waterface, dedicato alla “ditch trilogy” di Neil Young (acchiappatelo se vi capita a tiro), mentre passava ‘I Don’t Want To Talk About It’ mi sono domandato: “ma quanto è bella questa canzone?”. Non che avessi bisogno di ulteriori conferme. Esistono cover in grande quantità per capirlo. Dalla prima volta che la ascoltai fino ad oggi, la considero una delle mie canzoni della vita, oppure chiamatela struggente ballata (della vita!) come fa Rod Stewart. Rod Stewart durante il suo primo lungo passo che attraversava l’Atlantico, ne fece una versione che stazionò pure in classifica. “Nel Giugno del 1977 avevo fuori un singolo con due lati A: ‘I Don’t Want To Talk About It’ insieme a ‘The First Cut Is The Deepest’. Due ballate se volete. Il singolo si piazzò al primo posto delle classifiche britanniche per tutto il mese di giugno 1977. E il singolo che restava al secondo posto era ‘God Save The Queen’ dei Sex Pistols. Colpito e affondato”. Così racconta Stewart nell’ autobiografia uscita qualche anno fa.
‘I Don’t Want To Talk About It’ fu scritta da Danny Whitten, un fuoriclasse del rock, ruolo fantasista, che ci ha lasciato troppo presto e con pochi goal nel pallottoliere. Sono proprio le composizioni di Whitten (la straniante e psichedelica ’Look At All The Things’, la galoppante ‘Downtown’ scritta insieme a Neil Young e che poi finirà su TONIGHT’S THE NIGHT, l’oscuro incedere blues di ‘Dirty, Dirty’, la byrdsiana ‘I’ll get You’) a fare da colonna portante a questa prima uscita solista del cavallo pazzo. La forte personalità di Whitten aleggia in tutte le undici tracce pur se complessivamente frutto di un lavoro collettivo . I Crazy Horse, prima Danny And The Memories, poi Rockets (incisero anche un disco nel 1968 con questo nome), avevano già accompagnato Neil Young in EVERYBODY KNOWS THIS IS NOWHERE (1969) e AFTER THE GOLDRUSH (1970) , ma è in questa prima uscita varia e dinamica tra le infinite praterie del rock, e con questa insuperabile formazione, che dimostrarono un potenziale altissimo, e un futuro che sembrava già scritto: diventare uno dei gruppi guida del country rock degli anni settanta. Oltre a Whitten c’erano Billy Talbot al basso, Ralph Molina alla batteria (sua la voce nel contagioso country bluegrass ‘Dance, Dance, Dance’ scritta da Neil Young e che arriverà poi alle orecchie del nostro Roberto Vecchioni, che si prese la musica per la nota ‘Samarcanda’), l’allora giovanissimo Nils Lofgren alle chitarre e firma in 'Nobody' e del rock ‘Beggars Day’ dove canta, il già esperto Jack Nitzsche, produttore, pianista e autore (l’iniziale e roboante ‘Gone Dead Train’-quanto Tom Petty in questa canzone!-e il finale honk tonk ‘Crow Jane Lady’ a cui presta pure la voce). Infine, l’importante chitarra slide di Ry Cooder e il violino di Gib Gilbeau come ospiti.


 Nel Novembre del 1972 l’eroina ben travestita da overdose di alcol e valium portò a termine il suo sporco gioco ai danni del ventinovenne Whitten (che nel frattempo, prima del tour di TIME FADES AWAY, fu cacciato dalla band dallo stesso Young con un biglietto da 50 dollari in regalo, destinazione Los Angeles), i Crazy Horse continueranno e incideranno altro ma per tutti rimarranno solo e per sempre il gruppo di Neil Young. “I Crazy Horse stanno a Neil Young come The Band stanno a Bob Dylan” dirà Jack Nitzsche.
Il resto della storia la conosciamo: dai qui in avanti tutto giocò, cinicamente, a favore dell’ispirazione di Neil Young (tornando alla “Ditch Trilogy” iniziale) che però…
Nella sua autobiografia ‘Il Sogno Di Un Hippie’ chiude il cerchio e cerca di rimarginare una ferita che sembra ancora bruciare intensamente: “All’epoca pensavo che Danny fosse un grande chitarrista e cantante. Ma non avevo idea di quanto fosse grande. Ero troppo pieno di me per capirlo. Oggi lo capisco chiaramente. Vorrei tanto poter fare tutto di nuovo, così ci sarebbero più cose di Danny”.
Un disco spesso sottovalutato, schiacciato tra AFTER THE GOLDRUSH, HARVEST e la forte

personalità di Neil Young.


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