sabato 3 marzo 2018

RECENSIONE: JONATHAN WILSON (Rare Birds)

JONATHAN WILSON   Rare Birds (Bella Union Records, 2018)




La musica come guarigione

Non si presenta benissimo agli occhi RARE BIRDS, il nuovo disco di JONATHAN WILSON: la copertina è assai brutta e non sembra promettere nulla di buono! Ma dura poco: il tempo di uno sguardo, perché tutto il grosso è racchiuso nei settantotto ispirati minuti del disco (doppio in vinile) e c’è bisogno delle orecchie bene aperte per andare avanti, nonostante il nostro abbia creato un libretto assai ricco da sfogliare con tanto di testi e disegnini creati dalla sua fervida mente. Bisogna prendersi un po’ di tempo per cercare di seguire la magniloquente visione musicale di Wilson che ondivaga dentro la musica generando un complesso ma liquido e spesso soffice vortice che ingloba sia le recenti e segnanti collaborazioni con Roger Waters (le pinkfloydiane ‘Me’ e ‘Sunset Blvd.’ dove vengono citati pure i Creedence Clearwater Revival), e Father John Misty, ospite in ’49 Haiflips’, quanto un inaspettato salto indietro o in avanti, dipende dai punti di visti, negli anni ottanta musicali, gli stessi amati dai War On Drugs, con ‘Over The Midnight’ (“un immaginario luogo sacro per gli amanti”), il primo singolo che vede la massiccia presenza di synth e drum machine. (Qualcuno non gradirà).
Meno Laurel Canyon quindi-lui stesso ha dichiarato di essere stufo del continuo paragone con CSN&Y seppur li ami follemente e la title track ha il passo chitarristico di Neil Young-più viaggi di guarigione e riconciliazione nei grandi spazi della mente generati da una recente rottura amorosa ("c'è un giardino nella distesa della tua mente" canta in 'There's A Light') e negli anni ottanta musicali di Peter Gabriel, Kate Bush, Arthur Russell e Mark Hollis ma pure inseguendo i Beatles psichedelici di Sgt Peppers nel crescendo di archi in  'Miriam Montague'.
“Penso che abbiamo bisogno di viaggiare nel suono per raggiungere la speranza e la positività” dice. Liquidità espressiva ben impressa in una canzone come ‘Loving You’ con i vocalizzi ambient new age di Laraaji e di Lana Del Rey (ospite anche in 'Living With Myself' ). Certamente il lavoro più personale e ambizioso fino a qui. E chi lo aveva amato per quei suoni californiani che riportavano direttamente alla stagione d’oro della west coast psichedelica (sprazzi ariosi e pop in  'There's A Light' e di country cosmico in ‘Hi-Ho The Righteous' con la pedal steel di Greig Leisz) dovrà in parte ricredersi e provare a seguirlo in questo nuovo lungo e altrettanto non facile viaggio che parte con una sostenuta camminata per 'Trafalgar Square' e si conclude con il quieto pianoforte di ‘Mulholland Drive’ dalle parti di Bel Air e Topanga Creek. Artista a tutto tondo, produttore e, ora come ora, uno dei pochi ponti lisergici e credibili tra passato e presente, USA e UK, tra rock e sogno. Tanto sogno. Lo avevo già scritto. Qui Wilson lo conferma in modo diverso ma lo conferma.

 
 
 



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