giovedì 19 ottobre 2017

RECENSIONE: THE WHITE BUFFALO (Darkest Darks, Lightest Lights)

THE WHITE BUFFALO Darkest Darks, Lightest Lights (Earache Records, 2017)




“Non ero più un ragazzo: avevo 20, 22 anni. Io e un mio amico eravamo seduti a bere delle birre, quando suo padre iniziò a suonare canzoni di John Prine e Bob Dylan. Un giorno gli chiesi di mostrarmi alcuni accordi appena avessi avuto una chitarra tra le mani. E lui rispose: sicuramente. Così appena uscito di casa, sono corso al banco dei pegni ad acquistarne una da pochi soldi, da lì ho iniziato a scrivere canzoni”. Così Jake Smith, l’omone grande e grosso che fisicamente pare un incrocio tra Warren Haynes e il grande Lebowski, racconta i suoi tardivi approcci con la musica. Ora di anni ne ha qualcuno in più, la chitarra la suona bene ed è arrivato al quinto disco in carriera. Dopo l’esordio del 2007, il grande pubblico si accorse di lui grazie alla serie tv Sons Of Anarchy (i brani di Smith sono stati ospitati più volte nella serie. e a lui è toccato l'onore di chiudere in maniera struggente l'ultima puntata della saga dei criminali motociclisti, con la lunga 'Come Join The Murder) e a quel ONCE UPON THE TIME IN THE WEST (2011) che sembrava costruire il ponte ideale tra la vecchia America cantata dagli outlaw country men degli anni settanta e l'America della generazione grunge di metà anni ’90, che celebrò il funerale di tutte le vecchie speranze. “Beh, io sono una persona abbastanza gioviale ma so che il lato più oscuro della vita può essere più interessante. Sono un uomo di famiglia, ma ogni tanto possono esserci ancora problemi. Alcune cose di cui scrivo sono d'attualità, ma cerco sempre di lasciarle vaghe, per fare in modo che ognuno possa interpretarle a modo suo”. Dopo l’ambizioso concept SHADOWS, GREYS & EVIL WAYS (2013) che intrecciava amore e guerra, nel quarto album LOVE AND THE DEATH OF DAMNATION le canzoni, pur vivendo di vita propria, sembrano ancora una volta seguire un percorso narrativo ben preciso dove i protagonisti lottano contro la diabolica oscurità che gravita intorno alle loro strade.
Qualcuno troverà la luce, altri no. Buio mimetizzato negli accadimenti di tutti i giorni (‘Dark Days’, ‘Modern Times’), nelle disperata ricerca di fede e redenzione, nei complicati meccanismi delle relazioni umane: nei rapporti d’amore, tra genitori e figli, tra uomini in perenne conflitto. "Musicalmente e liricamente, questo è l'album più diversificato che abbia mai fatto. Amore, morte, luce e oscurità. Vi farà ridere e vi farà piangere. Un concentrato di emozioni." Approdato per la prima volta in Italia nel 2016 per tre date (Ravenna, Trieste, Brescia) in cui pestò giù duro senza troppi complimenti con una formazione a tre che viaggiava liscia e diritta come un treno senza fermate, in questo 2017 ecco il nuovo album DARKEST DARKS,  LIGHTEST LIGHTS che conferma fin dal titolo l’importanza delle luci e delle ombre nella sua musica. Se da una parte, canzoni d’amore e intimiste come le ballate ‘The Observatory’, ‘If I Lost My Eyes’ e la finale ‘I Am The Moon’ ci mostrano l’aspetto più sognante delle sue liriche, a lasciare il segno sono i testi di canzoni dalla costruzione epica e cinematografica come ‘Robbery’, jazzata e condotta con fare esperto alla Tom Waits, il blues con armonica di ‘Nightstalker Blues’ che narra le vicende datate 1985 del serial killer Richard Ramirez, le storie di droga e mafia messicana nella trascinante e diretta  ‘Border Town/Bury Me in Baja’, le atmosfere western con il crescendo di 'Madam's Soft, Madam's Sweet' o il rock battente di ‘Avalon’ che si riallaccia alla migliore tradizione americana delle road song, condotte come sempre dalla sua voce profonda. Un disco che si schiera nuovamente dalla parte degli emarginati e dei cuori solitari e disperati, nato e cresciuto in studio di registrazione come lo stesso Jack Smith ha dichiarato in una intervista “Ho scritto la maggioranza delle canzoni durante il processo di registrazione. Scrivevo al mattino e registravamo di sera”. Diretto al punto quando serve (l'honky tonk d'apertura 'Hide And Seek','The Heart And Soul Of The Night' sembra uscita dalla penna di Phil Lynott e i Thin Lizzy ) e riflessivo quanto basta, Darkest Darks, Lightest Lights, conferma The White Buffalo come uno dei più eclettici esponenti dell'american music dei nostri giorni.


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