lunedì 16 ottobre 2017

RECENSIONE: ROBERT PLANT (Carry fire)

ROBERT PLANT   Carry Fire (Nonesuch Records, 2017)





Ho sempre ammirato la carriera solista di ROBERT PLANT. Uno come lui avrebbe potuto vivere di rendita per tutta la vita, adagiandosi sul dorato passato. Invece no, ha sempre continuato per la sua strada, conscio che certe alchimie, senza gli ingredienti originali, sono difficili da riprodurre in laboratorio per l'eternità. Ci sono già e rimarranno per sempre. Anche se le radici di quello che sta facendo da anni iniziarono a crescere da li’ e si sente ancora benissimo. Senza mai cedere troppo al facile successo (ma l’estate di ‘29 Palms’ lo fu, chi se la dimentica?), ha percorso tutte le strade musicali possibili in giro per il mondo e questo nuovo CARRY FIRE è l’ennesima conferma che il percorso, l’ultimo iniziato da DREAMLAND (2002) o forse già da NOW AND ZEN (1988) è quello giusto. Toccando il picco con RAISING SAND insieme a Alison Krauss. Ma a me piace ricordare anche il bellissimo MIGHTY REARRANGER. Dal Texas, dove si era rifugiato negli ultimi anni al ritorno in Galles, in mezzo c'è un mondo. Non sarà un successo, non conterrà canzoni che ricorderemo tra quarant’anni ma è abbastanza onesto, profondo, intrigante e misterioso, come sempre, per essere liquidato con troppa facilità, come ho già letto in giro. Un suono sempre in viaggio che non conosce passaporti, etereo ma desertico, ipnotico, spesso sussurato, colorato e cangiante tra folk d’America (l’apertura ‘The May Queen’), ritmi d’Africa, melodie d’Oriente e trip hop anglosassone ('Keep It Hid') ad accompagnarlo ci sono gli ormai fedeli Sensational Space Shifters, con gli ospiti Seth Lakeman alla viola e violino e Chrissie Hynde che duetta nella cover stravolta di ‘Bluebirds Over Mountain’, un vecchio brano rockabilly di Ersel Hickey. E per uno come lui, che ha scelto sempre le intricate strade della comunicazione e interazione tra linguaggi e popoli, quello che sta avvenendo in giro per il mondo è, purtroppo, un buono spunto per la creatività : da qui nascono canzoni come ‘Bone Of Saints’, ‘New World’, ‘Carving Up The World Again’ che ci raccontano di guerre, barriere e di muri costruiti in modo abusivo sul terreno della libertà. Già, quella libertà che si è sempre preso in campo musicale, mettendosi sempre in gioco. E allora giochiamo.



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