venerdì 17 febbraio 2017

RECENSIONE: SON VOLT (Notes Of Blue)

SON VOLT  Notes Of Blue (2017)





Due strade ben distinte. Quando gli Uncle Tupelo hanno cessato di esistere-era il 1994- dopo una breve ma intensa carriera, è scomparsa una grande band ma magicamente ne sono apparse altre due, altrettanto grandi. Pure differenti, proprio come lo erano i caratteri e gli istinti musicali di Jeff Tweedy e Jay Farrar, due che insieme facevano faville ma anche scintille e qualche volta pure a cazzotti. Se i Wilco di Tweedy hanno continuato nella personalissima crescita, puntando sempre in direzioni diverse, sfaccettate e sperimentali (solo ultimamente le uscite discografiche paiono un po’ stanche e in ribasso, contrariamente ai live: sempre eccelsi), i Son Volt di Farrar hanno sempre mantenuto i piedi saldi nella tradizione americana, meno avventurosa, e NOTES OF BLUE, il ritorno dopo quattro anni di assenza (l’ultimo album fu HONKY TONK del 2013), non tradisce in tal senso. Un equo bilanciamento tra la parte country folk più sognante e melodica che mette in mostra la riconoscibile voce e l’istinto da songwriter di Farrar, in perenne rincorsa verso l'amato Neil Young (‘Promise The World’ guidata dalla pedal steel,’The Storm’,’Cairo And Southern’) e quella più diretta, rock e corrosiva con le chitarre ben piantate davanti in prima linea (‘Static’, ‘Lost Souls’) con una bilancia, che questa volta, si abbassa più frequentemente verso il lato blues inseguendo Mississippi Fred McDowell e Skip James (“lo spirito del blues, ma non il blues standard che conosce la maggior parte della gente” dice Farrar) come l’oscura e tenebrosa ‘Midnight’, la battente ‘Sinking Down’ e lo stomp incalzante di ‘Cherokee St.’. Solo mezz’ora, immersa nei nostri duri tempi bui, ma che vale la pena di essere vissuta. Anche più di una volta.



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