martedì 9 luglio 2013

RECENSIONE:TOM KEIFER (The Way Life Goes)

TOM KEIFER The Way Life Goes (Merovee Records)


Tom Keifer ha ritrovato la voce. Potrebbe titolare così il quotidiano che da troppi anni è in fase di stampa in attesa del giusto giorno d'uscita. Quel giorno è finalmente arrivato, a dieci anni dall'annuncio che qualcosa bolliva in pentola, a ben diciannove dall'ultimo disco in studio registrato dal cantante con i suoi Cinderella, quel Still Climbing (1994) dimenticato in mezzo al ciclone grunge-ma da riscoprire-che sancì in qualche modo la fine della prima vera parte di carriera del gruppo (un vero scioglimento non c'è mai stato) che continuerà con sporadiche date live/tour, ma che simboleggiò anche la continuazione del triste calvario di Keifer con la sua preziosa ugola, iniziato già qualche anno prima. Non può dirsi totalmente fortunata la carriera dei Cinderella tra i problemi di Keifer e quelli contrattuali con le case discografiche, eppure dopo un debutto (Night Songs-1986) che pagò scotto allo street/hard rock  colorato di glam del periodo (il termine hair metal non si confaceva per nulla nonostante la copertina dicesse il contrario), e da un cordone ombelicale che li voleva ancora legati al loro mentore Jon Bon Jovi, dimostrarono di avere una viscerale carica live sporcata di blues che poche band del movimento dimostrarono di possedere; fin dal successivo Long Cold Winter (1988) riuscirono a trovare la loro strada personale nel rock, lontana dai lustrini che furono fatali a più di una band, grazie all'inserimento massiccio di dosi blues e southern rock che vennero estremizzate nel successivo Heartbreak Station (1990) dove la lezione degli Aerosmith si sposò con la visione musicale totalitaria di Keifer che trova completamente sfogo con l'innesto di radici gospel e country dell'antica America. Ad oggi il mio preferito e dimostrazione che al gruppo sono sempre piaciute più le polverose strade di campagna della loro Pennsylvania rispetto al Sunset blvd Losangelino. Ora Keifer vive a Nashville e non sarà un caso.
The Way Life Goes riprende la storia esattamente dove si era interrotta in quel 1994. Nel frattempo Keifer ha continuato a lottare con una patologia alle corde vocali che non lo ha mai abbandonato definitivamente (ha dovuto reiniziare da zero e ancora oggi è seguito da insegnanti di canto) e portato avanti la stesura di questo disco solista che conferma la sua personalità, tutte le sue innate doti di musicista  con qualche graffio in meno rispetto al passato, qualche leggero colpo di straccio alla produzione-che avrei preferito meno patinata-per stare al passo con i tempi, qualche lento "aerosmith/bonjoviano" di troppo (You Showed Me, A Different Light), ma quando attacca Solid Ground sembra di tornare a quegli anni gloriosi e la sua voce aspra, pur avendo visto più sale operatorie che microfoni negli ultimi vent'anni, rimane quella inconfondibile di sempre, una delle più particolari e riconoscibili uscite dagli anni '80. Accompagnato dal veterano Greg Morrow alla batteria, Michael Rhodes al basso e Tony Harrell alle tastiere, mette in fila tutte le influenze musicali raccolte in quasi due decenni di inattività (ricordo la sua firma in Best Things In Life nel sempre sottovalutato The Last Rebel- 1993 dei Lynyrd Skynyrd), per cui le 14 tracce, estremamente personali e scritte insieme alla moglie Savannah, si presentano etereogenee: naturalmente, è rimasta l'indelebile impronta dei Cinderella nella più possente e rock oriented Mood Elevator, ma anche degli Stones in Cold Day Hell, un rock blues che pare uscito dalla chitarra dell'ultimo Keith Richards di A Bigger Bang e sporcato da armonica e fiati, l'influenza vocale del primo Rod Stewart acustico in The Flower Song, le sue doti pianistiche rimaste intatte nella melodica ballata Thick And Thin , e poi il mansueto country acustico westcoastiano di Ask Me Yesterday, il funk/soul della viziosa e trascinante Ain't That A Bitch, il blues di The Way Life Goes che si trasforma in veemente shuffle/gospel, che riportano gli stivali sopra alle assi di quella vecchia "stazione dei cuori spezzati", ma anche gli episodi più modernamente oscuri come Welcome To My Mind e la finale Babylon lasciano un buon ricordo marchiato di onestà e fedeltà a certi stilemi musicali.
Manca la zampata vincente e definitiva, ma parlare di un disco di Tom Keifer è già notizia rilevante. Oggi, il titolo del giornale non glielo toglie nessuno.



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