venerdì 10 maggio 2013

RECENSIONE: LUCA ROVINI (Avanzi e Guai)

LUCA ROVINI  Avanzi e Guai (autoproduzione, 2013)

25 Aprile, Festa della Liberazione. Un sole che quest'anno non si era ancora visto così, le nuvole a riposare nel lato invisibile del cielo, pronte per il violento risveglio del giorno dopo, sentieri prealpini di terra e pietre come serpenti striscianti e ubriachi, alberi finalmente colorati che cercano di far ombra a tartarughe sdraiate a bordo stagno, verdi pascoli con pigri cavalli  disturbati e accecati da raggi killer. Vago e cammino, felice, è il primo vero giorno di Primavera. La Liberazione dall'inverno. Con me, il solito simil iPod. Oggi, si ascolta anche il Luca Rovini da Cascina (Pisa), con quella copertina evocativa è un invito a nozze. Uno di quegli incontri casuali quello con il geometra e coscritto Rovini, via facebook, non ricordo nemmeno bene come, forse c'era Bob Dylan di mezzo. Dylan c'entra sempre in qualche modo. Poi scopro che siamo clienti di uno stesso negozio di dischi, io a due passi a piedi, lui più lontano, distante km e regioni. La scoperta migliore, però, la faccio quando scopro le sue doti artigianal-musicali, prima con le foto giornaliere che posta sul web, documentando, passo dopo passo, la nascita di una chitarra assemblata con le sue stesse braccia e con maniacale dovizia di particolari, un po' come fa il nostro idolo Seasick Steve, poi quando fa circolare Scoppia La Testa, la canzone trainante di questo suo primo CD. Rovini non è solo un liutaio a tempo perso che affida le sue opere (chitarre acustiche e Resonator di metallo) alle sapienti dita di Claudio Bianchini- unico compagno di viaggio in questo sogno musicale che si è avverato- ma anche un artigiano della musica suonata con spirito DIY, come si diceva una volta. Racconta storie piene di metafore, cantate in italiano (qui ci va l'applauso), che potrebbero essere uscite da un crocicchio di Chicago, o soffiate dal vento sulle polverose strade di Nashville, cantate da un hobo solitario in un marciapiede di Dublino, girare tra le malelingue di bordelli di periferia o passare di bocca in bocca tra gli avventori di una qualsiasi bettola di un paesino toscano di provincia, quella dove anziani e giovani uniscono lo sguardo all'entrata dell'avvenente Marilyn di turno. Tra solitudini, illusioni e sogni di rock'n'roll, Rovini ci lascia il cuore, quello che batte ardentemente per il folk, il blues acustico, il rockabilly '50, per gli idoli musicali americani della sua bella collezione di vinili. Quelli più famosi: Johhny Cash (Avanzi e Guai, Sguardo di Pietra), il primo Bob Dylan (Tra La Polvere Ed il Cielo, Corri Come vuoi), Willy Deville che omaggia pure esplicitamente nella conclusiva strumentale Late Night Blues, For Willy Deville e quelli italiani, Massimo Bubola, e il De Gregori (Cosa Fai) del folkstudio in testa. Mi ricorda anche i siciliani Il Pan Del Diavolo nella voglia di accompagnare per mano Elvis tra le vie (acustiche) dei nostri antichi borghi  e le verdi colline toscane traformandole in una itinerante Graceland tricolore.
Potremmo stare qui a discutere sulla sua voce imperfetta, la produzione a bassissimo costo come quei demo-registrati e confezionati alla grande però- che giravano di mano in mano negli anni ottanta, il minimalismo musicale, l'omogeneità che prevale. Potremmo, ma non avremmo capito nulla di un disco che riporta al centro dell'attenzione la spontaneità della musica, i desideri, la strada, la passione, il sudore di serate post-lavoro passate a costruire chitarre e sogni. Doti rimaste rare in un mondo digitale. Da
preservare e ascoltare come le storie che ci canta. " ...vola vola via, sporca danza vola via/ slaccia questi fili, nel mattino volerai/ lascia questa gabbia, labirinto di follia...vola vola via, sporca danza vola via, che la rabbia sia un ricordo/ la tua fuga il nostro amare/ le tue urla sian speranza, da imparare, da insegnare/ io ti guarderò come si guarda la realtà/ io ti sognerò come si sogna la libertà..." da Sporca Danza.



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