lunedì 8 aprile 2013

RECENSIONE:DAVE ARCARI & THE HELLSINKI HELLRAISERS (Whisky In My Blood)

DAVE ARCARI & THE HELLSINKI HELLRAISERS  Whisky In My Blood ( Blue North Records, 2013)

Esattamente un anno fa, Dave Arcari mi aveva anticipato le sue future mosse in questa intervista. Il futuro non ha tardato ad arrivare, ed ecco il disco con le canzoni registrate in Finlandia, durante alcune pause dei suoi tour, insieme agli amici finlandesi The Hellsinki Hellraisers ( Juuso Haapasalo alla batteria e Honey Aaltonen al contrabbasso). Collaborazione nata quasi per caso che vede ora i suoi frutti su disco.
Scozzese granitico e simpatico con antiche tracce d'Italia nel sangue, Arcari si conferma personaggio genuino e schietto, in giro da parecchi anni, prima con i Radiotones poi come solista con cinque album nel sacco. Un bluesman diretto e amante del lavoro artigianale che vive ancora la musica con ardore indipendente, lontano da compromessi commerciali ma con trasporto contagioso che, inutile dirlo, tramuta nella sua musica: un misto di blues, rockabilly, country e folk suonato con fervore, voce aspra quasi growl, chitarre slide infuocate-ma non solo- approccio diretto e minimale che in questo disco sembra sfiorare addirittura l'antico skiffle nelle tracce più semplici e acustiche- ma ad alta tensione- come le iniziali Whisky In My Blood e Cherry Wine, due titoli che lasciano poco all'immaginazione e tanto al bicchiere, ai cereali fermentati ivi contenuti, al sangue e alla sua terra "degli immortali".
Il precedente Nobody's Fool (2012) raccoglieva nuove e vecchie canzoni risuonate, quasi un greatest hits, e aveva il prestigioso lasciapassare di un personaggio come Seasick Steve (il suo nuovo album Hubcap Music è in dirittura d'arrivo), amico prodigo di complimenti e consigli con il quale ha diviso anche il palco.
Questo nuovo Whisky In My Blood è stato registrato in presa diretta in Filandia negli Sonic Pump Studios di Helsinki, mixato a Glasgow e masterizzato a Chicago, tanto per rimarcare il carattere giramondo dello scozzese e trasportare al meglio l'ascoltatore dentro ad un suo tipico show fatto di chitarre, sudore e assi del palco tremolanti sotto i colpi dei suoi pesanti stivali. Molte volte affronta il pubblico da solo, questa volta è in buona compagnia.
L'ardore diretto e l'entusiamo quasi punk di queste canzoni escono prepotenti sia quando le sue chitarre incrociano il rockabilly (Tell Me Baby, e la dura quotidianità cantata in Day Job), sia quando "maltratta" un banjo in Third Time Lucky e lo "accarezza" nella minimale e inaspettatamente (quasi) dolce Still Friends, o quando fa uscire la sua anima folkie (Wherever I Go) o Country (Rough Justice), perchè in fondo, per lui, tutto iniziò da lì: "il primo disco che comprai fu una raccolta di Johnny Cash - un doppio album ... dopo aver ascoltato "25 minutes to go", a sette anni, a casa di amici".
Poi c'è l'amato blues, la sua National Steel Guitar incandescente nell'immancabile omaggio malefico e indiavolato a Robert Johnson con Travelling Riverside Blues e Preachin'Blues, al primordiale delta blues di Bukka White (Jitterbug Swing) e le sue composizioni: il blues che sbuffa fumo nero e denso in Heat Is Rising, See Me Laughing e la finale Getta Outta My Way, elettrica, aggressiva, marziale e malata, sulla stessa lunghezza d'onda di Dragonfly che concludeva il precedente disco.
Passione, attitudine cruda, viscerale e diretta non mancano anche questa volta, anzi aumentano. Bravo Dave.






INTERVISTA a DAVE ARCARI




RECENSIONE: DAVE ARCARI-Nobody's Fool (2012)



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