domenica 11 novembre 2012

RECENSIONE:GARY MOORE(Legacy)

GARY MOORE  Legacy (2 CD, Music Club Deluxe, 2012)

Se dovesse capitarvi di far visita al piccolo e anonimo cimitero del villaggio poco distante da Brighton, dove è tumulata la salma del povero Gary Moore e non riuscire a trovare la sua lapide, non disperate, è solo il destino che continua a perseguitare il buon chitarrista di Belfast. Lo stato di abbandono in cui versa la sua tomba a nemmeno due anni dalla morte corrisponde un po' al dimenticatoio in cui la sua carriera è stata riposta negli ultimi anni di attività.
Un chitarrista che ha dovuto spesso lottare con la critica. Nonostante tutto, la sua influenza in tanti chitarristi delle ultime generazioni è palese e dichiarata, e la sua incendiaria Les Paul un segno indelebile lo ha lasciato: sia quando ha  preferito le cromature scintillanti, dure e pesanti dell'hard rock, sia quando ha iniziato la straordinaria e personale rilettura del blues, dove irruenza e brillantezza sposavano le atmosfere calde, romantiche e notturne delle anime perse, trovando i puristi del genere affacciati alla finestra con l'indice puntato.
In una intervista di qualche anno fa, rilasciata a Brian D. Holland per promuovere il suo disco Close As You Get, Gary Moore spiegò quel particolare momento della sua carriera in cui vi fu il passaggio dal rock al blues concretizzatosi con l'uscita di Still Got The Blues (1991). Un passaggio fondamentale che segnò gli ultimi vent'anni della sua carriera, e che, sul momento, destabilizzò anche molti suoi fan che iniziarono a chiedersi: "Qual'è il vero Gary Moore?". Quello che duetta con il malefico Ozzy Osbourne o quello che intreccia la chitarra con B.B. King? 
Il vero Gary Moore è quello che potete ascoltare in questa raccolta -non totalmente esaustiva in verità- che esce per la Music Club Deluxe: un musicista completo prima ancora che chitarrista, un lavoratore umile, silenzioso e instancabile della sei corde che seppe iniziare dal fuoco del blues, alimentato dalla sua grande passione per Peter Green dei Fleetwod Mac- che non mancò mai di citare durante la sua carriera- e Jimi Hendrix (fresco di uscita anche il CD/DVD "Blues For Jimi" concerto del 2007 in cui Moore omaggiò il maestro) , per poi passare gli anni settanta suonando partiture più complesse di jazz/prog e hard rock insieme a gruppi come Skid Row, Colosseum II e Thin Lizzy, fino ad arrivare a costruirsi una carriera solista partita con l'Hard Rock a tinte Heavy, per arrivare al ritorno a casa con il Blues che lo ha accompagnato fino alla prematura morte per arresto cardiaco (dannato alcol), avvenuta il 6 Febbraio del 2011 mentre si trovava in Spagna per alcuni concerti.
La raccolta comprende 2 CD per un totale di  32 canzoni, prendendo in considerazione la sua carriera dal 1980 fino al 1997, presumo per motivi di contratti discografici, lasciando così scoperti gli ultimi quindici anni di musica, in cui il suo ritorno al blues si rafforzò ulteriormente e gli ultimi due dischi Close As You Get e Bad For You Baby sono lì a testimoniarlo per chi ha voglia di riscoprirli. Ma anche gli estemporanei progetti BBM con Ginger Baker e Jack Bruce, sorta di nuova incarnazione dei Cream passato molto in sordina e il più moderno ma aprezzabile progetto denominato SCARS in compagnia del bassista Cass Lewis (Skunk Anansie) e del batterista Darrin Mooney, non trovano posto qui, ed è un peccato. 
Comunque una buona occasione per ripassare le tappe fondamentali di Gary Moore solista. Dai momenti più Hard e Heavy di dischi come Corridors Of Power-1982 ( Wishing Well, I Can't Wait Until Tomorrow, Rockin' Every night) e Victims Of The Future-1983 (Hold On To love,Empty Rooms, Shapes Of Things To Come), arrivando ai dischi della maturità di metà anni ottanta, Run For Cover-1985 (Out In The Fields, Military Man), After The War-1989 (After The War), il suo piccolo capolavoro di composizione Wild Frontier-1987 (Friday On My Mind, The Loner, Over The Hills And Far Away, Wild Frontier, Take A little Time, Thunder Rising) in cui tentò la commistione tra rock e le tradizioni musicali irlandesi fino ad arrivare alla nuova svolta Blues dei primi anni novanta, qui rappresentata dal botto commerciale di Still Got The Blues-1990Oh Pretty Woman, Still Got The Blues, Too Tired, Walking By Myself) e Afterhours-1992 (Ready For Love, Cold Day In Hell, Story Of The Blues, Separate Ways, Since I Met You Baby) e dal più sperimentale, moderno e meno riuscito Dark Days in Paradise -1997(Dark Days in Paradise, Burning In Our Hearts). La raccolta si ferma qui, non prima di aver ascoltato le numerose e prestigiose collaborazioni sparse nelle canzoni: con Albert Collins, BB King, Albert King e il fraterno amico Phil Lynott tra i tanti e alcuni estratti live come White Knuckles, Nuclear Attack, la monumentale e romantica Parisienne Walkways e la rara Beasts Of Burden, traccia strumentale del 1997.
Aspettando l'uscita di un box che racchiuda tutta la sua "sostanziosa"carriera, magari arricchito con qualche bel inedito, devo confessarvi che, da alcuni anni, vivevo l'attesa delle sue uscite in modo appassionato e quasi maniacale. Era diventata una piacevole abitudine, trasformatasi in rammarico quando mancai il suo ultimo concerto italiano a Milano nel 2010 all'interno del Milano Jazzin' Festival. Ho iniziato ad affezionarmi a Moore troppo tardi, però lui ci ha lasciato veramente troppo presto.

1 commento:

  1. Posso richiedere una recensione ? Mi interesserebbe il tuo parere riguardo "Volksbeat" di Nina Hagen. Grazie :)

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