mercoledì 14 novembre 2012

RECENSIONE:CHEAP WINE (Based On Lies )

CHEAP WINE  Based On Lies ( Cheap Wine Records, 2012)

Un limbo.La sottile linea di spazio vuoto che divide il baratro nero degli inferi dalla luce bianca della felicità. E' il territorio desolato in cui si muovono i protagonisti di Based On Lies, ultimo disco dei pesaresi Cheap Wine, il loro nono in carriera, che segue l'ultimo in studio Spirits (2009) e il pantagruelico live Stay Alive (2010). Un territorio che potremmo chiamare più semplicemente realtà, mentre quei protagonisti non vanno cercati nelle vite altrui e lontane, siamo semplicemente noi, come cantava qualcuno solo qualche anno fa. Convivere con la realtà è diventato difficile: c'è chi ci riesce, anche mettendo in campo insospettabile egoismo e bieca menzogna, chi trova la salvezza in qualcosa che spesso associamo alla futilità come il nostro amato rock'n'roll, e chi sprofonda, lasciandosi tentare da vampiri assetati di vite altrui pur di campare, da chi vuole l'omologazione imperante o più semplicemente affonda nella battaglia più crudele, quella della sopravvivenza tra simili ridotti allo sbando. Una lotta alla pari, dove vince il più forte. Un limbo in cui le speranze e i sogni di vita sembrano spesso sospesi, avvolti dalle nubi, ingabbiati in mezzo alle rovine di paesaggi desolanti. Fermi e impossibilitati nel muoversi come una pietra che dopo aver passato una vita a ricevere tanti calci, nessuno vuole più calciare. Sogni bloccati  in attesa di un riscatto.                          
Based On Lies può certamente essere considerato un concept, pur non seguendo una narrazione lineare e cronologica ma avendo una uniformità nei temi trattati dove i meticolosi testi di Marco Diamantini, curatissimi nei dettagli, svolgono un compito senza dubbio significativo, grazie a piccole costruzioni cinematografiche che permettono però alle parole di avere una vita propria, lontane dalla musica, anche solo leggendole con l'aiuto delle traduzioni riportate nel libretto, vivacemente illustrato da Serena Riglietti.
Ma visto che stiamo parlando di una rock band attiva da circa quindici anni, che si è costruita una carriera con grande sforzo, impegno e passione, quello che ci interessa è la visione d'insieme che ne è uscita, l'unione con la musica, ancora una volta di gran qualità ed efficace. Oltre alle liriche e la voce di Marco Diamantini, c'è la chitarra del fratello Michele Diamantini, tesa e ficcante nei momenti più rock, come nella maestosità di Vampire , una delle migliori tracce del disco nel suo evocare infiniti e impalpabili spazi, o nell'avanzare da "Crazy Horse" di To Face A New Day, con l'assolo finale che ci fa capire a che livelli è approdata la sua bravura.
Ci sono le tastiere e il pianoforte dell'ultimo entrato in formazione, Alessio Raffaelli, che si ritagliano un ruolo importante lungo tutto il disco, entrando subito in circolo fin dall'apertura Breakaway , una prova di squadra (completano la formazione: il batterista Alan Giannini ed il bassista Alessandro Grazioli) d'impatto, compatta ed incisiva alla Heartbreakers, nella leggerezza vellutata suonata in punta di dita trasmessa dalla swingante  Based On Lies, o nell'elegante grigiore malinconico disegnato da On The Way Back Home.  
Le atmosfere da antico west di frontiera che avvolgono The Big Blow, il vecchio rock garage dall'andamento beat di Lost Inside, l'apparente e ingannevole solarità di Lover's Grave  e il rock'n'roll di Give Me Tom Waits non sono che alcune sfumature che i Cheap Wine danno al loro rock eterno, perchè ormai privo di punti di riferimento e divenuto, col tempo, sempre più personale e riconoscibile, muovendosi ancora fieramente nell'underground indipendente del rock italiano.      
Il desolante folk finale di The Stone ci lascia ai nostri sogni, tracciando un quadro ancora dalle tinte grigio scure. Aspettando quel calcio che smuova e faccia rotolare nuovamente quella pietra dalla parte giusta. Oltre il limbo, verso la luce.
Based On lies è un disco a carburazione lenta, quasi cullante, che riesce a penetrare grazie alle improvvise scosse elettriche e alle liriche scure, a volte fin troppo pessimistiche, ma che sanno graffiare e toccare i "giusti" nervi scoperti.







1 commento:

  1. Ciao Enzo,

    sono assolutamente d'accordo su tutto!
    Per me è sicuramente uno dei dischi più belli dell'anno.

    Ciao

    andrea

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