mercoledì 10 ottobre 2012

RECENSIONE: KISS (Monster)

KISS  Monster  ( Universal, 2012)

I teatranti del rock, i veri depositari di quello che il rock'n'roll dovrebbe essere, portato all'estremo eccesso, per convincere anche i più scettici, scaltri uomini d'affari travestiti da rocker a loro volta travestiti, un modello per tante band hard rock in erba? I Kiss possono accontentare tutti, ammiratori e denigratori, e penso che, in questo momento, al conto in banca di un vero asshole come Gene Simmons non importi più di tanto sapere quanti siano a tifare da una parte e quanti dall'altra. La verità è racchiusa in quasi 40 anni di carriera. I Kiss sono stati tutte queste cose e continuano ad esserlo, incuranti dell'età e forse prigionieri del mostro da loro stessi creato. Un mostro che quando ha tentato di cambiare volto, abbracciando anche la serietà compositiva in dischi più articolati come Music From The Elder(1981), o seguire le mode del periodo con Carnival Of Souls(1996) ha faticato ad imporsi. 
Fossi stato in loro avrei continuato ancora senza maschere, ma vi parla uno che continua a considerare Revenge(1992) il loro miglior disco di sempre, e l'MTV Unplugged (1996) un signor live (senza dimenticare il primo epocale Alive-1975), dimostrazione di bravura della vecchia guardia in piena epopea grunge. Un marchio depositato nella storia del rock, volenti o nolenti: lo trovi in edicola nei fumetti, al supermarket, nei cartoons, nei film (chi si ricorda di  The Phantom Of The Park?), dal tabaccaio, scritto a pennarello negli zainetti di giovani scolari, e da chi progetterà il nostro funerale con bare di legno autografate. Ma anche nelle sale prova di giovani bands che vogliono ancora divertisrsi con il rock'n'roll, e qui sta il trionfo. 
Monster, accompagnato da una delle loro più brutte copertine della fase mascherata, poteva anche non venire alla luce. E' il destino di tutte le band dal passato importante ed ingombrante: fai pure uscire il tuo disco nuovo, ma l'importante è sentire dal vivo Deuce, Black Diamond, I Was Made for Lovin' You, Lick It Up, Love It Loud, Love Gun e tutte le altre 20 "imperdibili" in scaletta. E così sarà, a meno di clamorose e sporadiche sorprese, e Modern Day Delilah dal precedente Sonic Boom(2009) è un buona eccezione.
Invece Monster è qui, ripetizione riuscita (a metà) di quello che i Kiss hanno sempre rappresentato-quest'anno si è rifatto vivo anche il loro best seller Destroyer(1976) rimasterizzato ed ampliato, con un (Resurrected) in più nel titolo- ma una delle uscite migliori da quando la band ha deciso di ritornare sulle scene con il trucco. Meglio di Psycho Circus(1998) e alla pari di Sonic Boom.
C'è tutto l'immaginario che vogliamo da loro: sesso, divertimento, ruffianeria a palate, ammiccamenti, oscuro horror di serie B, la carica sensuale della voce maschia di Paul Stanley, i chorus efficaci, in più, il tutto è suonato da una delle migliori formazioni di sempre del "bacio". A parte i due masters Gene Simmons e Paul Stanley (co-produttore insieme a Greg Collins) c'è il batterista Eric Singer, il migliore e più completo mai avuto in formazione, entrato ed uscito dal gruppo a partire dagli anni '90, seguendo più o meno gli umori di Peter Criss ed il destino avverso del povero Eric Carr, ed il chitarrista Tommy Thayer che dopo il suo debutto nel precedente Sonic Boom(2009), si prende più spazio in fase di composizione, consacrandosi e seminando assoli lungo tutto il disco, senza far rimpiangere Ace Frehley, il solo e vero chitarrista dei Kiss per la fedele legione dei Kiss Army.
Parte benissimo Monster! Il singolo Hell Or Hallelujah, piazzata all'inizio e la seguente Wall Of Sound, che sembra addirittura omaggiare Helter Skelter dei Beatles (solo un caso?) hanno tutto il necessario per diventare due nuovi classici a metà strada tra i '70 e lo street degli '80: chorus immediati, incalzanti, grassi riff di chitarra e veloce dinamicità, la stessa che animava un disco come Lick It Up(1983). 
Freak (con l'unica concessione esterna al gruppo, affidata al piano di Brian Whelan) cala di ritmo, aumenta la pesantezza, quella che troviamo anche in Back To The Stone Age e più avanti in Devil In Me, con le sempre oscure vocals di Gene Simmons, non troppo lontane dal già citato Revenge, l'episodio più dark ed heavy della loro carriera.
You Wanted the best, You Got The Best....A questa domanda/affermazione vorrei rispondere sinceramente "Yes", ma diventa difficile farlo quando mancano vere sorprese, botti e fuochi di artificio. Un disco che parte in quarta e che arriva alla fine con un po' di ripetitiva stanchezza (o forse monotonia?) in alcuni episodi. A poco serve un nuovo inno al rock'n'roll come la più rootsy All For The Love Of Rock & Roll, cantata dal batterista Eric Singer, che difficilmente potrà scalzare dal trono nelle scalette dei loro concerti e nell'immaginario dei fan, canzoni come Rock and roll All Nite e God Gave Rock'n'roll to You, così come la finale Last Chance, travolgente e contagiosa se non l'avessimo già sentita centinaia di volte, celata sotto altri titoli. 
Gene Simmons nel 2001, apriva la sua autobiografia con queste parole:"...Dopo ventinove anni di gloria e tumulti, anni pieni di alti supremi e infimi bassi, l'America vedrà per l'ultima volta i Kiss in concerto...". Dieci anni dopo è tutto da aggiornare e riscrivere. In fondo il (hard) rock senza i Kiss non sarebbe lo stesso e si sa, un bacio tira sempre l'altro. Voto 7

vedi anche RECENSIONE: RIVAL SONS-Head Down (2012)




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