venerdì 6 aprile 2012

RECENSIONE: VERONICA SBERGIA & MAX DE BERNARDI ( Old Stories For Modern Times )

VERONICA SBERGIA & MAX DE BERNARDI Old Stories For Modern Times ( Totally Unnecessary Records, 2012)

Le vecchie e belle storie non passano mai di moda, anche se riproposte a quasi un secolo di distanza. Queste storie diventano incredibilmente meravigliose se arrivano da molto lontano anche geograficamente, e se a raccontarcele sono due musicisti lombardi.
Questo disco possiede quel fascino che solo quei dischi impolverati e malandati custodiscono sotto ai fastidiosi fruscii e alla puntina che salta proprio lì, dove sai già che salterà. Rumori che conosci a memoria, mappa di righe su PVC, a cui ogni tanto se ne aggiunge qualcuna di nuova, ma che con i ripetuti ascolti diventano fedeli compagni e sinonimo di calore nostalgico. Ecco, questo è un disco da ascoltare in vinile, consumandolo, anche se l'intento nobile del duo è esattamente l'opposto: diffondere vecchie storie di musica popolare-rurale al mondo moderno, pazienza se verranno usati anche gli invisibili files per essere propagate (sconsigliato ,ovviamente).
Veronica Sbergia e Max De Bernardi avevano già fatto il botto con i loro Red Wine Serenaders (con all'attivo già tre lavori: Aint’ nothing in ramblin -2007 ,Veronica & the Red Wine Serenaders-2009 e D.O.C. -2011), questa volta però si superano mettendosi in coppia, compiendo un lavoro di ricerca certosino, divertente ed appagante: recuperare 15 vecchie storie americane, risalenti al periodo 1910-1939, antecedente alla seconda guerra mondiale (solamente Some Of These Days di Sophie Tucker è datata 1910), soffiarci via la polvere da sopra e riproporle con l'aiuto di strumenti originali ed antichi, registrazione rigorosamente analogica e mono (produzione ad opera del duo , insieme ad Alessandro Zoccarato) ed una schiera di "importanti amici " in aiuto.
Ne è uscito un disco divertente e frizzante. Veronica Sbergia con la sua voce emana sex appeal in canzoni come il blues Press my Button(ring my bell) di Lil Johnson, anno 1936, con i suoi doppi sensi civettuoli (...Where to put that thing...), e in Sweet Papa (mama's getting Mad) .
Non da meno quando a cantare è Max De Bernardi (gran chitarrista, alle prese anche con mandolino e ukulele) in Cigarettes Blues, con la chitarra slide resofonica dell'ospite "professor" Bob Brozman che trama nel blues (datato 1936) di Bo Carter sopra ai versi equivoci che strappano ancora un sorriso malizioso dopo quasi un secolo,"...my cigarette ain't too big...", oppure nel descrivere così bene le ragazze "facilotte" che popolano Beedle Um Bum, canzone dei The Hokum Boys del 1928, che rappresenta così bene un genere di canzoni (Hokum appunto) tanto in voga nel pre-war blues di quegli anni.
Bello anche il contrasto tra le due voci in Keep your Hands Off Her (di Big Bill Broonzy-1935), quella maschia, decisa e consumata di Max e il controcanto sensuale e leggero di Veronica e nel duetto di Gonna lay down my Oold guitar.
The Last Kind words di Geeshie Wiley, con il suo giro di chitarra ipnotico e la voce di Veronica ci catapultano in piena era Delta-blues, anno 1930. Una preghiera sulla crudeltà della guerra che riesce ancora ad emozionare e ad essere incredibilmente evocativa. La mia preferita.

Tutto è prezioso in questo disco, dalla strumentazione usata: la mitica armonica del sessantaduenne Sugar Blue, ospite in Viper Mad e nella conclusiva countryeggiante Charming Betsy, ai vari washboard, mandolini, kazoo, ukulele, contrabbasso; ai generi musicali toccati, "genitori" della musica odierna: ragtime, country, blues, folk, bluegrass, early jazz; alle storie che emanano i sapori, a volte amari, a volte gioiosi, di pezzi di vita vissuti dalle fasce più deboli e povere che cantavano queste canzoni in mezzo a campi di cotone, sulle paludose rive del Mississippi, che descrivono situazioni piccanti dentro a bordelli malfamati, che raccontano dei duri anni della grande depressione americana, che venivano portate in giro nei Medicine Shows o anche quando descrivono , solamente, l'amore più vero.
Un pò tutto come oggi: si balla, ci si dispera, si piange, si amoreggia e si mette sul piatto Old Stories for Modern Times, aspettando il salto della puntina.



vedi anche: WILLIAM ELLIOTH WHITMORE-Field Songs

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