lunedì 28 novembre 2011

RECENSIONE: ZZ TOP-AA. VV. ( A Tribute From Friends)

ZZ TOP AA.VV. A Tribute From Friends ( Show Dog, Universal Music, 2011)

Si potrebbe quasi dire che Billy Gibbons se le canti e se le suoni, o meglio che le band se le scelga e le faccia suonare. In attesa del nuovo album, prodotto da Rick Rubin, che sarà il seguito del poco riuscito Mescalero, ultimo disco in studio dei texani e ormai lontano, essendo uscito nel 2003, gli ZZ Top, nella persona del barbuto chitarrista come supervisore, fanno uscire un appetitoso aperitvo che servirà a creare attesa e attenzione, traghettando i fans verso l'uscita del nuovo album.
Gli ZZ Top tributano se stessi, scegliendo nell'ampio mondo musicale, guardando molto al presente e bisogna dire in modo coraggioso, vario ed originale. Gibbons comunque non ha mai negato collaborazioni e passione per suoni più moderni e gli ZZ Top (e la loro discografia) parlano chiaro, a volte esagerando anche troppo. Poi, che senso avrebbe avuto chiamare vecchi coetanei a rifare le loro canzoni, anche se, vedremo, non mancano nemmeno quelli. Tutti comunque hanno rifatto le canzoni in modo devoto e passionale chi stravolgendo le originali e chi no, dimostrando quanto i barbuti texani hanno comunque influenzato il blues e l'hard blues.
Ed eccoli, subito in apertura, i più vecchietti della line up: sotto l'acronimo The M.O.B. si nascondono i due Fleetwood Mac, Mick Fleedwood alla batteria e John McVie al basso con Steven Tyler (Aerosmith) alla voce e il giovane Jonny Lang alla chitarra. Sharp Dressed Man ricalca l'originale con l'aggiunta della voce di Tyler che tra una rovinosa caduta e l'altra(palco e doccia sono il suo forte ultimamente) si conferma grande vocalist.
Spazio alle giovani leve quindi. Chi rimane fedelmente sul pezzo: come gli australiani Wolfmother, forti della personalità e voce plantiana del cantante e chitarrista Andrew Stockdale in Cheap Sunglasses; la miglior formazione hard/metal degli ultimi anni, i Mastodon (perchè Lou Reed non ha scelto loro per musicare "Lulu"?) alle prese con Just Got Paid e la bella, sensuale e brava Grace Potter con i suoi Nocturnals, che canta Tush come avrebbe fatto Janis Joplin ai tempi.
C'è poi chi estremizza i suoni come i Nickelback che appesantiscono a dismisure Legs, rendendola comunque piacevole o la personale band dell'ex bassista dei Guns'n' Roses, i Duff McKagan's Loaded che rivestono di sleaze rock'n'roll, Got me Under Pressure.

L'immortale La Grange viene trasformata in una lunga jam che tocca gli otto minuti dal songwriter country americano Jamey Johnson. Più che riuscita.
Chi dona maggiormente il proprio tocco personale alla canzone sono gli industrial /rocker Filter con una Gimme All your Lovin, rilucidata completamente a nuovo.
Senza infamia e senza lode Beer Drinkers and Hell Raisers dei Coheed & Cambria e Waitin' for the Bus / Jesus Just Left Chicago rifatta dai Daughtry, usciti vincitori, anni fa, da American Idol e dir poco pessima Rough Boy che Wyclef Jean rifà in modo asettico, soporifero ed inutile.
Il classico disco "poco utile" ma piacevole che guadagna mezzo punto in più solamente perchè messo in piedi dalla stessa band texana.
Ora avanti con Rubin e gli originali, però.

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