giovedì 13 ottobre 2011

RECENSIONE: THE ANSWER (Revival)

The ANSWER Revival ( Spinefarm records, 2011)

Per il terzo capitolo della loro carriera, i The Answer lasciano le verdi vallate nord irlandesi di casa(benchè la copertina sembri dire l'opposto) per approdare sulle rosse terre americane situate nel confine tra Stati Uniti e Messico, luogo dove Revival ha preso forma tra una tappa e l'altra del lungo tour intrapreso dalla band da supporto agli Ac/Dc e documentato nell'altrettanto fresco di stampa e dall'esplicito titolo:"412 Days of Rock'n'Roll" .
La location di registrazione vicina a El Paso ha lasciato un segno pesante nella direzione musicale, marchiando la maturità raggiunta da Cormac Neeson e soci avvicinandoli ad un suono di matrice americana più marcato ed in alcuni punti vicino all'attitudine street metal anni ottanta, con la produzione deluxe di Chris ‘Frenchie’ Smith e aumentando le sfumature musicali del gruppo rispetto ai pur due ottimi dischi precedenti ("Rise"-2006 e "Everyday Demons"-2009).
Se con i precedenti dischi il rischio di essere liquidati come i nuovi cloni dei grandi gruppi hard rock britannici degli anni settanta(Led Zeppelin in primis) era sempre dietro l'angolo(Jimmy Page in persona si prodigò di elogi e li accomunò al dirigibile...), la maggior varietà di Revival, depone a loro favore. Ascoltando la slide che introduce Waste your tears che apre il disco in modo frizzante con grandi chorus da grande arena rock ottantiana e chitarre in grande spolvero. Trouble è un hard blues con tanto di armonica che mi ricorda il suono che Richie Kotzen riuscì ad introdurre nei patinati Poison, sporcandoli di blues, sfornando il sempre poco acclamato e da rivalutare Native Tongue(1993), a tutti gli effetti il picco qualitativo del gruppo americano.
La bravura dei The Answer nel mischiare melodia e la pesante impronta hard rock si nota in tracce come Nowhere Freeway con Neeson che duetta con la voce femminile di Lynne Jackman, cantante dei Saint Jude e nella semi ballad Can't remember, can't forget con la sua impronta hair street metal.
Tornado, uno degli episodi più riusciti , con parti acustiche ed esplosioni elettriche che si rincorrono con la fenomenale voce del rosso cantante che gioca a fare Robert Plant. Indubbiamente uno dei migliori singer dell'ultima generazione.
Certo, il giochino dei paragoni e dei rimandi è sempre in agguato: Use me, può essere un devoto omaggio che rasenta il plagio ai vicini di casa scozzesi Nazareth e all'ugola del loro cantante Dan McCafferty o One more Revival che batte i territori degli amati Free.

Anche quando alcune canzoni strizzano troppo l'occhio al facile ritornello, come New Day Rising e il primo singolo scelto Vida(I want you), il tutto viene salvato dai prodigiosi interventi chitarristici di Paul Mahon.
La ricerca ossessiva del chorus diventa così croce e delizia della band, in alcuni punti del disco offusca il buon lavoro delle chitarre ma in linea di massima eleva Revival a disco dove l'equilibrio tra i due fattori hard e melodia trovano la simbiosi perfetta, divenendo insieme a "Pressure & Time" dei Rival Sons la migliore uscita dell'anno nel settore. Interessante, infine, la deluxe edition dell'album che aggiunge un bonus cd ("After the Revival") con un paio di inediti(Piece by piece, Faith gone down), demos, versioni live acustiche e la cover di Fire and water dei Free, per un totale di undici canzoni e facendone un valore aggiunto a tutti gli effetti.

Nessun commento:

Posta un commento