lunedì 18 luglio 2011

RECENSIONE: PAUL SIMON Live@Mjf Arena Civica, Milano 17 Luglio 2011


La prima magia della serata arriva pochi minuti prima dell'inizio del concerto. La pioggia che sembrava dovesse rovinare questa unica data italiana di Paul Simon, improvvisamente smette di scendere ed il minaccioso cielo nero sopra Milano, fortunatamente, non mantiene le promesse e si acquieta per tutto lo show. Tutti contenti, soprattutto i venditori dei famosi k-way (usa e getta) colorati di nylon, che hanno fatto il loro dovere pre-concerto e possono andare a casa con un cospicuo bottino.
Per le altre magie bisogna aspettare il piccolo uomo del New Jersey, che alle 21 precise sale sul palco e attacca con The Boy in the bubble presa dal multipremiato "Graceland" del 1986. La cornice del Milano Jazzin' Festival(non sarebbe ora di cambiare nome al festival? Visto che di jazz in cartellone ce n'è veramente poco) è la solita vecchia Arena Civica , che per il sottoscritto si presenta ancora una volta totalmente inadeguata per ospitare concerti o meglio potrebbe essere usata diversamente eliminando tribune(veramente lontanissime dal palco) e sedie (puntualmente a metà concerto ci si alza tutti in piedi e ci si avvicina al palco, quindi i posti numerati rimangono solo dei numeri sopra ad una sedia senza padrone).
Ma è meglio tornare alle magie e al mondo di Paul Simon che non conosce confini e steccati. Un musicista che avrebbe potuto vivere di rendita per tutta la vita con le sole canzoni cantate con il vecchio compare Art Garfunkel ed invece ha continuato a sperimentare e divertirsi con la musica raccolta in giro lungo tutti i continenti.
Stasera si presenta con una strepitosa "big" band ( tra cui i chitarristi Mark Stewart, e Vincent Nguini, il pianista Mick Rossi e il polistrumentista Tony Cedras), di otto strumentisti, multirazziale e perfettamente oliata, dai suoni brillanti e caldi. C'è da promuovere il nuovo disco (So Beautiful os So What) uscito questa primavera e bisogna dire che le canzoni estrapolate(...tante) si inseriscono alla perfezione con il vecchio materiale facendo dimenticare in fretta il mezzo passo falso di un lavoro come "Surprise" ,esperimento insieme a Brian Eno che non entusiasmò.
Le nuove: Dazzing Blue, So beatiful or so what(la canzone),The Afterlife, Rewrite e Questions for the Angels(cantata in solitaria) sono belle canzoni che continuano la personale ricetta di world music iniziata con Graceland, ancora a oggi, il suo bestseller anche durante i live. Dalla atmosfera di festa che sprigiona That was your mother, a Crazy Love vol II a Diamonds on the Soles of Her Shoes, "Graceland", rimane una delle opere musicali più coraggiose e riuscite di musica totale, in bilico tra America e Africa.

Simon non è di tantissime parole ma il suo modo di porsi, molto ossequioso verso il pubblico, che ringrazia spesso, lo rendono umile e assolutamente alla mano.
Nonostante possa attingere ad un vasto catalogo di canzoni autografe, Simon stasera inserisce anche alcune cover in scaletta, sottolineando la sua forte devozione musicale. Il reggae di Vietnam di Jimmy Cliff, a cui attacca la sua Mother and Child Reunion dal suo primo disco solista del 1972, scritta sempre con Cliff, il blues Mistery Train di Junior Parker, la country Wheels di Chet Atkins ed una stupenda versione di Here comes the sun ( Beatles).
Certo chi era venuto a vedere Simon sperando di sentire un buon numero di canzoni della coppia Simon & Garfunkel potrebbe tornare a casa deluso, ma fortunatamente quando si ha in mano un asso come The Sound of Silence, gli si perdona tutto. Eseguita con sola voce e chitarra, assolutamente folk, The Sound of Silence è una di quelle canzoni che anche se già ascoltata migliaia di volte, lascia il segno. Pubblico silenziosamente in piedi ed ipnotizzato, brividi ed ovazione finale. Serata portata a casa. Per la cronaca l'altra canzone del duo eseguita è stata The Only living boy in New York e non è stata da meno, con la voce di Simon che ha mantenuto intatta la magia di 40 e più anni fa.
Ci sono poi i classici da solista come Hearts and Bones(molto bella), la sempre scatenata e primordiale The Obvious Child, con le sue percussioni, Gone at last, Kodachrome, Slip slidin' away e Still crazy after all these years , eseguita nell'ultimo bis prima di concludere in festa con You can call me Al.
Un tripudio finale con Simon che presenta uno ad uno, dopo due ore e dieci minuti di concerto, i suoi bravi musicisti e lascia la scena con un piacevolissimo ricordo e uno scia di magia nell'aria.

SETLIST: Boy in the bubble, Dazzing blue, 50 ways to leave your lover, So beautiful or so what, Vietnam/ Mother and child reunion, That was your mother, Hearts and bones, Mistery train/Wheels, Slip slidin' away, Rewrite, Peace like a river, The obvious child, The only living boy in New York, The afterlife, Questions for the angels, Diamonds on the soles of her shoes, Gumboots, The sound of silence, Kodachrome, Gone at last, Here comes the sun, Crazy love vol II, Late in the evening, Still crazy after all these years, You can call me Al

2 commenti:

  1. Bello.
    Io Paul Simon l'ho sempre vissuto "sulla strada": da Simon & Garfunkel che ascoltavo in pullman nelle gite al Liceo, a Graceland che girava all'infinito sull'autoradio.

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  2. Paul Simon a Milano nel racconto di enzo.curelli

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