domenica 22 maggio 2011

RECENSIONE: WAINES (Sto)

WAINES Sto (2011)


Un bel muro di suono hard rock blues, questo quello che dal vivo riesce ad alzare il trio palermitano , visto recentemente sopra alle assi di un palco. Due chitarre e una batteria capaci di annichilire, senza compromessi, quasi come i primi Motorhead, stordenti ed impenetrabili.
Uscito da poco il loro secondo full lenght album, un disco che potrebbe dare quelle soddisfazioni che la band, con sacrificio e tanto lavoro merita, facendo attraversare il loro rock "fumoso" aldilà del mare che circonda la loro Sicilia. All'estero già si sono accorti di loro e il mixaggio affidato a Mario J McNulty( al lavoro con Bowie, NIN e mille altri) la masterizzazione affidata ad un calibro da novanta come JJ Golden e i suoi studi californiani, già al lavoro con una lista interminabile di grandi nomi dai Calexico, ai Primus, dai Sonic Youth fino ai Neurosis, tanto per tracciare dei paletti.
Nonostante questo, Sto è un album immediato e in your face, quasi da "buona alla prima" con giusto alcune aggiunte elettroniche che arricchiscono, senza snaturare alcune canzoni, come l'apertura Turn it on. Vi ricordate gli ZZ Top dei primi anni ottanta, quelli che diedero una svolta( molti storsero il naso) al loro Blues, flirtando con i synth? I Waines riprendono quella lezione appesantendola e modernizzandola, venendone fuori con un brano che difficilmente lascia i piedi inchiodati al terreno. Ma questa non è che una delle tante direzioni che Fabio Rizzo (chitarra e voce), Roberto Cammarata(chitarra) e Ferdinando Piccoli(batteria) , riescono a dare alla loro musica.

La polvere desertica che si alza sui giri stoner di Time Machine e nella strumentale Inner View, quei riff che Josh Homme ha quasi dimenticato e che riemergono nella acque del Tirreno, cose da non crederci. Il Blues pesante di The Pot e Birds, quando il delta del Mississippi attacca il jack agli amplificatori e fuoriesce un bastardo incrocio rock'n'roll/sudista che riprende la lezione degli Stones con la slide che imperversa prepotente.

Afrix è un blues percussivo ed ossessionante scritto dal cantautore Fabrizio Cammarata(The second grace), così come Harsh Days gioca sul groove e Mornig Comes, abbandona l'elettricità per un a boccata di melodia e coralità acustica.


Piacciono le due chitarre in continua simbiosi, gli assoli, così come le melodie vocali, i testi e la pronuncia, i Waines sono un gruppo "orgoglioso" della propria sicilianità che in America viaggerebbe sulla stessa autostrada di White Stripes e The Black Keys con una scorta di carburante in più che in sede live mi ricorda l'attitudine Hard Rock/Metal diretta e senza compromessi di certe grandi bands inglesi come Motorhead, Raven e Tank ... la corsia di sorpasso sembra essere libera. Buon viaggio.

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