sabato 25 settembre 2010

RECENSIONE: NO GURU (Milano Original Soundtrack)


NO GURU Milano Original Soundtrack (Bagana Records, distrib. Fnac,2010)

Ci eravamo lasciati undici anni fa alle Bahamas, con l'oceano che a volte dorme e con la paura della nuova società del duemila e ci ritroviamo qui in mezzo ad una tangenziale congestionata dal traffico a festeggiare questa prima decade del nuovo secolo in mezzo a luci, ombre e rumori molesti, irreali silenzi mattutini e illusorie e tentatrici luci al neon accese al primo buio serale. E' valsa la pena aspettare perchè questo disco si riprende in mano, in un solo colpo, la migliore scena rock musicale che negli anni novanta ha infestato lo stivale. Come diversamente aspettarsi da quattro membri dei Ritmo Tribale (Scaglia, voce e chitarra, Briegel al basso, Marcheschi alla batteria e Talia alle tastiere) più Xabier Iriondo, chitarra dei primi e inarrivabili Afterhours e con la presenza del sax impazzito e disturbante di Bruno Romani ex componente dei friulani Detonazione . Un ponte ideale tra la vecchia guardia, con un occhio puntato alla New York di fine anni settanta e alla new wave dei primi ottanta e i nuovi italiani che avanzano, mi vengono in mente Zu e Il Teatro degli Orrori.
Ci vuole coraggio a reinventarsi e rimettersi in gioco con nuove idee, nuovi suoni e nuovo nome, NO GURU, quando il tuo passato è marchiato sotto un monicker indelebile come Ritmo Tribale. Ci avevano già provato con il loro ultimo disco Bahamas del 1999, a cambiare coordinate, ma se allora i suoni erano liquidi e fluidi con forte venature di elettronica e accenti progressive, questa volta ci si trova schiavi e inglobati dentro ad un vortice sonoro fatto di chitarre taglienti con i "germi" del professor Xabier Iriondo sparsi lungo tutte le tracce, semi industriali, sax noise che vagano creando quel caos allucinante da coda delle ore sei in tangenziale ovest a Milano.
Milano Original Soundtrack nasce in una città che fa da base per ogni singolo brano, la bellezza del viverci che può diventare stress, paranoia, soffocamento, con la musica come grande e unica via di fuga.Alienazione che nasce nel guardare al passato, agli sbagli fatti senza sapere il domani che ci attende in Ieri è un altro giorno , traccia post punk messa in apertura tanto per inquadrare il discorso.
Vivere oggi, vuol dire anche provare a fare i conti con un sentimento come l'amore, Amore mutuo, bilanciare la frenesia del vivere quotidiano con un sentimento che per quanto nominato e tirato in causa continuamente, rimane ancora troppo sconosciuto, rischiando molto spesso di perdere occasioni (...Quanto devo e quanto do...Amore mutuo...La tua punizione ..C'è un buco nel mio polmone ...ma non si placa...) e finendo ancora più spesso per pagare scotto.
Ossessione, tensione e urgenza è palpabile in Non si passa (Malattia mentale la sento che cresce e non lo faccio vedere temo la comunità della vita matrimoniale) e nei ganci indirizzati alla new wave più oscura degli anni ottanta. La quasi industriale Cammino con le mani, sicuramente un successo nei prossimi live e canzone simbolo del progetto No Guru, la splendida cover di Complications dei Killing Joke, per l'occasione riscritta da Scaglia che diventa Complicato e la citazione dei Joy Division in Mare Divano, sax, chitarre e ricordi da uccidere, non sono certamente casuali. Angosce, cercate e subite. Il primo singolo Fuoco ai pescecani, accompagnato da un originale video è un buon lasciapassare che ti penetra piano piano la mente e il cuore.
Lo sballo "bianco" preferito della metropoli Milano nel quasi funk di Neve(...una spirale bianca è entrata dentro la mia testa e mescola tutto in un'unica enorme minestra...), il divertissement strumentale di Perle ai porci che ci proietta in atmosfere care a certi b-movies italiani anni settanta che tanto piacerebbero ai Calibro 35.
E se Il deserto degli dei (...ho una bomba nel cuore e i piedi sul ghiaccio...), mi riporta in mente gli ultimi Ritmo Tribale senza Edda, la finale Bassa fedeltà è un bell'esperimento che può candidarsi ad essere una canzone beat degli anni duemila.
Un disco che non ama catalogazioni, che fugge in tutte le direzioni ma che arriva là dove si è prefissato di arrivare, non facile, non commerciale ma che alla fine arriva anche con la difficoltà dei suoi cambi di tempo dispari, le sue divagazioni quasi jazzistiche, le sue citazioni, i suoi rimandi e i suoi testi per nulla scontati e banali.
Dopo Edda l'anno scorso e i No guru di quest'anno, la famiglia tribale si è riunita e ha dimostrato la forza che la vecchia guardia può ancora sprigionare. Il leone, a fine disco, può continuare a ruggire, fiero.






vedi anche RECENSIONE: RITMO TRIBALE-Bahamas (1999)




vedi anche RECENSIONE: EDDA-Odio i vivi (2012)



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