lunedì 23 agosto 2010

RECENSIONE: JOHN MELLENCAMP (No Better Than This)...un microfono per riscoprire le radici



JOHN MELLENCAMP No better than this (Rounder Records, 2010)

Mellencamp con questo disco riesce , forse, a spiegare e dare al viaggio il suo giusto significato, quello di vivere i luoghi che si visitano non da semplici turisti, a volte insospettiti da usi e costumi diversi dai propri, ma di vivere i luoghi, entrandoci dentro, confondendosi, mettendosi alla prova con quegli usi e costumi. Il suo è un viaggio riuscitissimo nel tempo e nei posti che hanno fatto degli Stati Uniti la moderna madre del rock.
Se non si tratta di uno dei suoi capolavori, veramente poco ci manca. Il precedente Life death love and freedom era già un grande album, ma questa nuova prova lo supera se non altro per il modo in cui è stata concepita, progettata e suonata.
Mellencamp è da alcuni anni alla ricerca di quel suono vintage che l'incontro con il musicista e produttore T Bone Burnett ha fatto venire a galla trasformando questo disco in un viaggio attraverso l'America compresa tra gli anni venti e gli anni cinquanta. Superando di gran lunga i lavori dell'ultimo Dylan, che stanno battendo la stessa strada di ricerca sonora.
Un soffio alla polvere che ricopre i vecchi strumenti dimenticati in soffitta, rifornimento di carburante al primo distributore aperto e il disco parte regalando un viaggio ad occhi chiusi in un'America sorpassata ma che rappresenta ancora la libertà e il sogno che la modernità non potrà mai cancellare.
Quello che fa la differenza in questo disco è il suo concepimento. Mellencamp ha voluto lasciarsi andare alle emozioni che particolari luoghi e situazioni cari alla vecchia musica americana hanno suscitato in lui. Così è partito con un solo vecchio microfono verso tre mete piene di significato, lasciando che queste influissero sulla sua scrittura. Un viaggio dove country, folk, rock'n'roll e cantautorato segnano il percorso suo e di qualunque americano che si avvicini alla musica. Chi non ha mai immaginato cosa si potesse provare ad entrare nella mitica stanza 414 del Gunter Hotel a San Antonio dove nel 1936 un giovane di colore inventò il blues, lasciando ai posteri poche canzoni che divennero l'ispirazione per tutte le generazioni a venire. Calatosi nei panni di Robert Johnson e seduto nello stesso punto dela stanza dove si sedette il bluesman, Mellencamp compone Right behind me un blues sorretto dal violino di Miriam Sturm, dove l'invocazione del diavolo è quasi d'obbligo.
Prossima tappa i Sun Studio di Menphis dove negli anni cinquanta quattro ragazzotti dalla spiccata personalità iniziarono a viziare il mondo musicale con il rock'n'roll. Qui Mellencamp compone la maggioranza delle canzoni, registrate in presa diretta proprio come si faceva una volta. Aiutato da Andy York, Marc Ribot e lo stesso Burnett alle chitarre, David Roe, mitico bassista di Johnny Cash al basso e Jay Bellerose alla batteria. Ne escono canzoni dalla spiccata vena Rockabilly come il primo singolo che da il titolo all'album No better than this, Coming down the road o Each day of sorrow.
Canzoni folk come l'iniziale Save some time to dream dove l'invito a cercare di ritagliarsi del tempo per sognare è palese, o la profonda oscurità folk di The west end.Infine la tappa nella prima chiesa battista americana a Savannah in Georgia, luogo simbolo per gli schiavi afroamericani che cercavano la fuga durante la guerra civile. Qui, sopra le assi sacre del pavimento, prendono vita canzoni acustiche e d'amore come la melanconica Thinking about you, la dylaniana che più dylaniana non si può Love at first sight e la finale Clumsy of world. A suggellare il tutto, proprio durante le registrazioni, Mellencamp e compagna si sono fatti battezzare in questo luogo speciale, a testimonianza di una tappa importante per la carriera e la vita.
Un disco vissuto e un viaggio completo, fisico ed emozionale che è stato immortalato in queste tredici canzoni ed in almeno un'altra dozzina che si spera, vedano la luce prima o poi. Mellencamp in questo lavoro lascia un pezzo importante del suo cuore, a noi cercare di raccoglierlo.



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